La Luna, il nostro satellite naturale, è sicuramente l’oggetto astronomico più conosciuto e studiato, sia perché è il più vicino alla Terra, sia perché è stato ripetutamente esplorato dagli astronauti. È però illusorio pensare che, ormai, tutto si sappia sulla sua struttura, composizione ed origine: dalla Carnegie University arriva la notizia che nuove analisi su campioni di rocce lunari prelevate e portate a Terra durante le mitiche missioni Apollo potrebbero portare a riscrivere la storia naturale del nostro satellite.
La microsonda ionica NanoSIMS 50L, una delle tecniche analitiche più avanzate oggi disponibili, ha rivelato la presenza su frammenti di basalti lunari, campionati dall’Apollo 17, di inclusioni cristalline ad alto contenuto di titanio, un tempo parti di letti vetrosi formatisi dalla solidificazione di magmi espulsi da eruzioni vulcaniche di tipo esplosivo. Le inclusioni cristalline possono trattenere materiali volatili: i sette piccoli campioni di anortosite ferrosa analizzata alla Carnegie, in particolare, contengono molecole d’acqua intrappolate in una quantità cento volte superiore al previsto. La corretta stima della quantità d’acqua presente in materiali tanto antichi è di importanza cruciale per determinare l’età e la dinamica evolutiva delle formazioni in cui è presente: la nuova stima sul tenore di acqua porterebbe, secondo gli autori dello studio, addirittura a riconsiderare la teoria del grande impatto. Secondo questa ipotesi, il nostro satellite si sarebbe formato in seguito alla collisione della Terra con un planetoide proveniente dal Sistema Solare esterno, per eiezione di materiali in seguito all’impatto e successiva conglomerazione in orbita terrestre.
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Una teoria suggestiva, che riesce a spiegare – o, almeno, riusciva a spiegare fino ai risultati di questi ultimi studi – gran parte delle analogie e delle differenze del sistema Terra-Luna. In particolare, la quantità d’acqua presente nelle rocce primordiali del mantello della Luna sarebbe del tutto analoga a quella delle rocce del mantello della Terra, un fatto che mette in serio dubbio la rifusione del suolo lunare con rocce proveniente da un corpo impattore alieno. Lo studio ha anche implicazioni relative al ghiaccio recentemente individuato dalle sonde nei crateri nelle regioni polari della Luna: potrebbe derivare non tanto dalla deposizione di materiali provenienti da comete e meteoriti, quanto dall’effusione di antichi magmi lunari.
L’analisi più accurata dei sette campioni di roccia lunare avrebbe inoltre rivelato un’età di 4,36 miliardi di anni al massimo, circa 200-300 milioni di anni in meno rispetto a quanto previsto. La Luna sarebbe rimasta allo stato fuso più a lungo di quanto ipotizzato dalle teorie sulla sua formazione o, nell’ipotesi più intrigante, l’intera comprensione geochimica della natura del nostro satellite è da riscrivere!