Finalmente rilasciate le prime immagini ravvicinate delle macchie luminose di Cerere, scattate dall’ultima orbita della sonda attorno al pianeta nano, circa 385 chilometri al di sopra superficie grigiastra di questo mondo alieno.
Le macchie bianche sono situate al centro del cratere Occator, una cicatrice da impatto larga 92 chilometri e profonda quattro. La sonda Dawn le aveva avvistate già durante la fase di avvicinamento, in virtù della loro elevata luminosità – la più alta riscontrata finora da Dawn sulla superficie del pianeta nano.
La straordinaria risoluzione delle immagini rivela la presenza di una cupola geologica che si erge dall’interno di una fossa liscia situata nel cuore del cratere, in corrispondenza della macchia più centrale. Le propaggini a nord e ai lati della cupola sono tagliate da numerose fratture lineari.
“Prima che Dawn iniziasse le sue osservazioni dettagliate di Cerere, il cratere Occator sembrava un’unica area luminosa. Ora, con le nuove immagini ad alta risoluzione, riusciamo a vedere complesse strutture che ci forniscono nuovi misteri da investigare,” spiega Ralf Jaumann del DLR. “L’intricata geometria all’interno del cratere suggerisce un’attività geologica nel recente passato, ma dovremo completare una mappatura geologica dettagliata del cratere prima di poter ricostruire la sua formazione.”
Le prime stime suggeriscono che il cratere Occator sia uno dei più giovani su Cerere, forse risalente a soli 80 milioni di anni fa, ma non è l’unico: Dawn ha mappato più di 130 aree luminose sulla superficie di Cerere, la maggior parte delle quali sono associate a crateri da impatto. Secondo uno studio guidato da Andreas Nathues, del Max Planck Institute for Solar System Research, la composizione del materiale chiaro è compatibile con la presenza di un solfato di magnesio noto come esaidrite. Si pensa che le aree chiare ricche di sale si siano formate in seguito alla sublimazione di acqua ghiacciata.
“La natura globale dei punti luminosi di Cerere suggerisce che possa avere uno strato sotterraneo di ghiaccio d’acqua,” spiega Nathues. I puntini luminosi al centro del cratere Occator, in particolare, riflettono circa la metà della luce che ricevono.
Importanti novità arrivano anche dal resto della superficie di Cerere.
“Nonostante i processi d’impatto dominino la geologia superficiale di Cerere, abbiamo identificato specifiche variazioni di colore sulla superficie indicando alterazioni chimiche dovute a una complessa serie di processi tra gli impatti e la composizione del sottosuolo,” spiega Jaumann. “Inoltre, ciò conferma la presenza di uno strato sotterraneo ricco di ghiaccio e materiali volatili.”
Ulteriori indizi a favore della presenza di tale strato sotterraneo emergono dai dati dello strumento GRaND, entrato in azione proprio nel corso di quest’ultima orbita. I conteggi di neutroni e raggi gamma effettuati dal rilevatore evidenziano importanti dettagli nella composizione chimica della superficie. I dati riguardano in media il primo metro di sottosuolo. Le analisi mostrano popolazioni di neutroni più modeste attorno alle regioni polari rispetto che alle regioni equatoriali, un risultato indicativo della maggiore concentrazione di idrogeno a latitudini più elevate. Trattandosi delle regioni polari, gli scienziati sospettano che l’idrogeno sia presente assieme all’ossigeno in forma di acqua allo stato solido.”Le nostre analisi metteranno alla prova l’ipotesi che il ghiaccio d’acqua possa sopravvivere appena al di sotto della gelida superficie polare di Cerere per miliardi di anni,” spiega Tom Prettyman del Planetary Science Institute.
La superficie di Cerere, a livello globale, è costituita perlopiù da carbonati e da fillosilicati. L’abbondanza relativa di questi materiali tra di loro risulta tuttavia piuttosto variabile. Il cratere irregolare Haulani, in particolare, con le sue strisce di materiale luminoso, ha catturato l’attenzione degli scienziati.”Le immagini in falsi colori mostrano che il materiale scavato dall’impatto è diverso dalla composizione generale della superficie di Cerere,” spiega Maria Cristina de Sanctis dell’INAF. “La diversità di materiali implica che lo strato sotterraneo è ben mischiato, oppure che l’impatto stesso ha alterato le proprietà dei materiali.”