Lo spettrografo HARPS all’Osservatorio dell’ESO di La Silla in Cile ha osservato il pianeta nano Cerere, il più grande oggetto della fascia degli asteroidi tra Marte e Giove. Lo strumento montato sul telescopio da 3,6 metri dell’ESO ha rivelato cambiamenti inaspettati nella luminosità delle macchie bianche. Queste osservazioni suggeriscono che la materia di cui sono composte possa essere volatile ed evapori grazie al calore della luce solare.
La sonda Dawn della NASA, a cui partecipa l’Italia attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana con lo strumento VIR dell’INAF, è in orbita intorno a Cerere da più di un anno e ne ha mappato la superficie in gran dettaglio. Una delle maggiori sorprese è stata la scoperta di macchie molto luminose, che riflettono molta più luce del resto della superficie circostante più scura. La più evidente di queste macchie si trova all’interno del cratere Occator e suggerisce che Cerere sia un mondo più attivo degli asteroidi vicini. Le macchie luminose erano state viste, anche se meno chiaramente, in immagini precedenti di Cerere ottenute dal telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA tra il 2003 e il 2004.
Secondo l’autore principale dello studio, Paolo Molaro, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste “mentre Cerere ruota, le macchie si avvicinano a Terra e poi si allontanano e questo ha un effetto sullo spettro della luce del Sole, riflessa dalla superficie, che arriva fino a Terra”.
Cerere ruota su se stesso ogni nove ore e i calcoli hanno mostrato che l’effetto dovuto al moto delle macchie in avvicinamento o allontanamento dalla Terra a causa della rotazione sarebbe stato molto piccolo, dell’ordine di 20 chilometri all’ora, ma abbastanza grande da essere misurabile tramite l’effetto Doppler con strumenti ad alta precisione come HARPS.
L’equipe ha quindi osservato Cerere con HARPS per poco più di due notti tra luglio e agosto 2015 e il risultato è stata una vera sorpresa, perché nello spettro sono state riscontrate si le variazioni attese, dovute alla rotazione di Cerere, ma con differenze considerevoli tra una notte e l’altra.
L’equipe ha concluso che i cambiamenti osservati potrebbero essere dovuti alla presenza di sostanze volatili che evaporano per effetto della radiazione solare. È stato suggerito che il materiale molto riflettente nelle macchie su Cerere possa essere ghiaccio d’acqua esposto di recente in superficie o solfato idrato di magnesio… purtroppo la fonte di questa continua perdita di materia dalla superficie non è ancora nota. Si sa che Cerere contiene al suo interno molte riserve d’acqua, ma non è ancora chiaro se le macchie luminose siano davvero legate a questa.
Ad ogni modo quando le macchie all’interno del cratere Occator sono sul lato illuminato dal Sole, si formerebbe una foschia che riflette la luce del Sole in modo molto efficiente. La foschia evaporerebbe poi rapidamente (nel giro di poche ore), perdendo riflettività e producendo i cambiamenti osservati, in modo diverso da notte a notte, con effetti casuali aggiuntivi osservati su tempi scala sia brevi che lunghi.
Se questa interpretazione venisse confermata, sarebbe un motivo in più per ipotizzare un’attività interna, Cerere si confermerebbe molto diverso da Vesta e dagli altri asteroidi della fascia principale, pur essendo relativamente isolato (la maggiorparte dei corpi del Sistema Solare con attività interna, come i grandi satelliti di Giove e Saturno, sono soggetti a forti effetti mareali a causa della vicinanza con i pianeti massicci).
Indice dei contenuti
Per saperne di più:
QUI l’articolo: “Daily variability of Ceres’ Albedo detected by means of radial velocities changes of the reflected sunlight”, di P. Molaro, A. F. Lanza, L. Monaco, F. Tosi, G. Lo Curto, M. Fulle e L. Pasquini
Tratto da “Un anno intorno a Cerere” di Marco Di Lorenzo (leggi l’articolo completo) – fonte: aliveuniverse.todayDi seguito una selezione (cliccare le immagini per ingradirle o sul link del nome per il formato originale) delle più belle immagini inviate ultimamente dalla sonda, sempre in attesa (spasmodica) della vista dettagliata di Occator e del suo “bright spot”. Cominciamo la carrellata con questa suggestiva porzione di terreno nella regione polare settentrionale; l’illuminazione radente conferisce ulteriore drammaticità al terreno fortemente craterizzato (PIA20395.jpg – Image credit: NASA/JPL – Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA). L’immagine a sinistra, di cui avevamo già pubblicato la versione 3D “a volo d’uccello”, è estratta da un mosaico che riprende la regione attorno alla celebre montagna Ahuna, con un diametro di circa 20 km e la cui altezza è stata recentemente corretta scendendo a 4 km rispetto alla pianura circostante. La genesi di questo rilievo, così isolato e diverso dal terreno circostante, rimane oggetto di speculazioni (Porzione di PIA20348.jpg – il Nord è a sinistra – Image credit: NASA/JPL-Caltech /UCLA/MPS /DLR/IDA – processing: M. Di Lorenzo (DILO)). L’immagine qui a destra si riferisce invece alla zona a Nord-Est del grande cratere Yalode (il cui bordo con fratture è visibile in bassa a sinistra) e mostra una affascinante “bright spot” diffuso, apparentemente non legato a un evento di impatto come in genere avviene (PIA20398 – Image credit: NASA/JPL -Caltech/UCLA /MPS/DLR/IDA). |
Molto, molto interessante…