Il famigerato 21 dicembre 2012, con buona pace dei peggiori catastrofisti, è ormai solo un ricordo. Come c’era da attendersi, nessuno dei paventati disastri su scala planetaria si sono verificati. Tra questi, uno dei più ‘gettonati’ era quello associato a una super tempesta solare che avrebbe investito la Terra, cancellandone ogni forma di vita. Per quelle che sono le nostre conoscenze, un evento così estremo non dovrebbe proprio verificarsi. Ma situazioni in cui la nostra stella può creare seri problemi, se non alla vita, alle infrastrutture tecnologiche di cui oggi disponiamo, quelle sì che potrebbero presentarsi, e magari anche in tempi relativamente brevi.
Su questi argomenti e in particolare sullo sviluppo di metodologie di previsione dell’attività solare e dei suoi possibili impatti sulla Terra discuteranno i ricercatori che parteciperanno al “Second Annual SWIFF Meeting”, un congresso internazionale che si terrà a Torino dal 14 al 16 gennaio prossimi e organizzato dal locale Osservatorio Astronomico dell’INAF. In particolare, nelle sessioni in programma verranno discussi i risultati del progetto europeo di ricerca SWIFF (Space Weather Integrated Forecasting Framework), finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del Settimo Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (FP7).
“Oggi conosciamo molti dei segreti del Sole, la nostra stella” dice Alessandro Bemporad, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Torino, membro del comitato scientifico del congresso. “Sappiamo per esempio che la sua attività segue un andamento ciclico e che circa ogni 11 anni il Sole si ‘risveglia’ per poi tornare nel suo stato di quiete apparente. Sappiamo anche che nei periodi in cui l’attività è al massimo, il Sole è capace di produrre enormi esplosioni dalla sua superficie che espellono in poche decine di minuti un’energia pari a circa 10 miliardi di bombe di Hiroshima. Questa enorme energia viene emessa sotto forma di radiazione (raggi X e ultravioletti), particelle subnucleari (protoni ed elettroni che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce) ed enormi bolle di plasma che trasportano miliardi di tonnellate di plasma solare a velocità di circa 1000 km al secondo. Tutto questo genera una tempesta spaziale.
“La vita sulla Terra per fortuna è parzialmente protetta – prosegue Bemporad – grazie all’atmosfera che assorbe i raggi X e ultravioletti e grazie al campo magnetico terrestre, che deflette come uno scudo le particelle ed i plasmi solari. Tuttavia, l’uomo oggi dipende molto dall’uso della tecnologia e questo lo rende più vulnerabile: una tempesta spaziale di grande intensità può per esempio danneggiare anche permanentemente i satelliti per le telecomunicazioni e la rete GPS, può indurre correnti sugli elettrodotti e provocare gravi black-out di intere regioni, disturbare per ore i segnali radio ed avere effetti gravi per la salute degli astronauti eventualmente in orbita. Per questo, oggi diventa sempre più importante riuscire a prevedere l’arrivo di una tempesta spaziale ed i suoi possibili effetti sulle tecnologie umane: di questo si occupa la Meteorologia Spaziale”.
E a chiusura del convegno, il 16 gennaio alle ore 18, presso l’Hotel ‘Principi di Piemonte’ di Torino, si svolgerà una conferenza aperta al pubblico proprio su questi argomenti, tenuta da Mauro Messerotti (ricercatore INAF ed esperto di fisica solare) dal titolo “Tempeste solari: dobbiamo preoccuparci?”.