Oggi, dopo un mistero durato 30 anni, gli astronomi possono mappare il comportamento della materia a ridosso dei buchi neri, aprendo la porta a futuri test della relatività di Einstein.
La materia che cade verso un buco nero si riscalda e, prima di perdersi laddove non può più esser vista, raggiunge milioni di gradi di temperatura, range nel quale emette radiazione X.
Negli anni Ottanta fu notato per la prima volta che la radiazione X proveniente da buchi neri di taglia stellare varia seguendo un determinato pattern. Quando la radiazione inizia a variare, l’affievolimento e il ripristino della luminosità impiegano circa 10 secondi a completarsi. Con i giorni, le settimane e i mesi, il periodo diminuisce fino a dar vita a fenomeni simili in misura di 10 volte al secondo. Poi, tutto si ferma.
Quasi Periodic Oscillation (QPO) è il termine coniato per questi eventi, affascinanti poiché provenienti dalle immediate vicinanze dei buchi neri.
Negli anni Novanta gli astronomi hanno iniziato a sospettare che i QPO fossero legati agli effetti predetti dalla Relatività Generale, a vortici gravitazionali creati da oggetti rotanti in grado di influenzare il moto di tutto quello che si trova nei paraggi: ne segue che in caso di orbita inclinata ci sono cambi di orientamento rispetto all’oggetto centrale, e il tempo necessario a tornare alla situazione di partenza è detto precessione.
Nel 2004, la NASA ha lanciato Gravity Probe B per misurare questo effetto di trascinamento, detto Lense-Thirring, intorno alla Terra, grazie al quale è stato possibile confermare che la sonda completerà un ciclo di precessione in 33 milioni di anni.
Intorno a un buco nero l’effetto è chiaramente molto più marcato visto che le forze gravitazionali in gioco sono decisamente maggiori, tanto marcato da arrivare a un periodo di pochi secondi se non meno. Un tempo che si avvicina molto a quello dei QPO, tanto da lasciar ipotizzare che possa trattarsi dello stesso effetto.
Lo studio ha analizzato dapprima il disco di accrescimento intorno ai buchi neri, la struttura creata dal materiale che spiraleggia intorno ai buchi neri prima di finirvi dentro. Si è pensato che, nelle zone più interne, il materiale possa divenire plasma caldo, nel quale gli elettroni vengono strappati ai propri atomi. Questo flusso si restringe nel giro di settimane e mesi, divorato dal buco nero. Nel 2009 è stato ipotizzato che i QPO siano guidati dalla precessione Lense-Thirring di questo plasma caldo, il che spiegherebbe come mai quando il flusso interno diminuisce e la vicinanza al buco nero si riduce, più veloce appare il ciclo.
Ok, ma come provarlo?
Il flusso interno rilascia radiazione altamente energetica che colpisce il disco di accrescimento più esterno, rendendo gli atomi di ferro presenti in quest’ultima zona fluorescenti. Il ferro rilascia raggi X a una singola lunghezza d’onda, una sola linea spettrale.
Dal momento che il disco ruota, la linea del ferro appare distorta dall’effetto Doppler: nel lato in “avvicinamento” appare stirata verso il blu, mentre nel lato opposto verso il rosso. Se il flusso interno è sottoposto davvero a precessione, allora sarà brillante a volte in una parte e a volte nell’altra, provocando una oscillazione durante il ciclo.
E qui entrano in gioco XMM-Newton e NuSTAR: uno studio guidato da Ingram e colleghi – delle Università di Amsterdam, Cambridge, Southampton e Tokyo – ha utilizzato l’osservatorio X per lunghe osservazioni al fine di “vedere” ripetuti QPO. L’oggetto scelto è il buco nero H 1743-322, con QPO di 4 secondi. Sono stati osservati 260 mila secondi tramite XMM-Newton e altri 70 mila tramite NuSTAR e alla fine è stata confermata l’oscillazione della linea del ferro oltre a un’altra evidenza della precessione, il tutto perfettamente in linea con le previsioni della Relatività Generale.
L’effetto Lense-Thirring è stato quindi misurato per la prima volta in un campo gravitazionale molto forte e la tecnica consentirà di mappare la materia nelle zone più interne dei dischi di accrescimento dei buchi neri.
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Per saperne di più
I risultati riportati in questo articolo sono pubblicati nelle Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
La missione X-ray Multi-Mirror dell’Agenzia spaziale europea è stata lanciata nel dicembre 1999. Si tratta del più grande satellite scientifico costruito in Europa ed è anche uno degli Osservatori a raggi X più sensibili nello spazio. Più di 170 sottilissimi, specchi cilindrici dirigono la radiazione incidente verso tre telescopi ad alta capacità di trasmissione a raggi X. L’orbita di XMM-Newton si trova a quasi un terzo della strada verso la Luna, consentendo per lungo tempo una ininterrotta vista degli oggetti celesti.
http://sci.esa.int/xmm-newton/
NUSTAR è una missione “Small Explorer” guidata dal Caltech di Pasadena e gestita dal Jet Propulsion Laboratory, sempre a Pasadena, per il Science Mission Directorate della NASA a Washington. Qui sotto un video introduttivo della missione (nelle impostazioni, la rotellina, è possibile impostare i sottotili con traduzione automatica in italiano).
http://www.nasa.gov/nustar – http://www.nustar.caltech.edu