La sonda automatica Messenger della NASA è in orbita attorno a Mercurio soltanto da sei mesi e già ha provocato una rivoluzione nelle nostre conoscenze di quel pianeta, tanto affascinante quanto sconosciuto: pochi altri mondi del Sistema Solare sono così vicini alla Terra ma anche così irrimediabilmente diversi, lontani, alieni. Gli ultimi dati inviati dalla Messenger, tra cui le prime riprese ravvicinate degli enigmatici crateri a fosso (hollows), le prime analisi della composizione chimica della superficie e della ionosfera non fanno che approfondire la sensazione di estraneità.
Le regioni subpolari rivelano depositi di materiali di origine vulcanica, bacini da colmamento di colate laviche, estese fino a coprire il 6% dell’intera superficie del pianeta, segno evidente di un passato vulcanismo molto attivo. L’analisi dei profili dei crateri “fantasma”, sepolti dalle colate laviche, indica spessori dei basalti fino a 2 km, tipici di bocche effusive larghe ed elongate: la sonda ha identificato alcune di queste bocche, lunghe fino a 25 km, probabilmente all’origine di una enorme attività effusiva e del singolare profilo morfologico della regione.
Interessante come la composizione chimica delle colate sembri simile a quella della komatiite magmatica terrestre, un minerale che sulla Terra esiste ormai soltanto in tracce, memoria del suo passato geologico più remoto. I misteriosi crateri a fosso, denominati dai planetologi “hollows”, corrispondono a singolari strutture che circondano i picchi centrali di depressioni da impatto, molto diversi da quelli riscontrabili su oggetti in apparenza simili a Mercurio, come la nostra Luna. In realtà, gli hollows sono infossamenti da cui affiorano strani materiali di colorazione bluastra e di origine relativamente recente, ubiquamente diffusi sulla superficie del pianeta: forse i processi che portano alla loro formazione continuano ancora oggi, a conferma della perdurante dinamicità di un mondo ancora geologicamente attivo.
Per quanto riguarda la composizione chimica della superficie, l’analisi degli isotopi radioattivi volatili di potassio e zolfo indica che Mercurio è più simile a Venere, Terra e Marte di quanto assomigli alla Luna, mentre la sua composizione interna ricorda quella delle condriti ricche in metalli, come il nucleo metallico del pianeta, relativamente molto esteso rispetto al mantello, lascia intuire. La debole magnetosfera di Mercurio non riesce a proteggere la superficie del pianeta dall’azione del vento solare, che impatta con violenza i poli magnetici e giunge alla superficie, contribuendo ad arricchire i componenti della tenue ionosfera. Un simile processo può rendere ragione della formazione degli hollows, che si originerebbero dal collasso dei materiali deprivati dall’evaporazione degli elementi volatili per azione del vento solare.
Articolo molto interessante soprattutto per la scoperte di queste strutture (da collasso?) uniche a quanto pare nel loro genere! Ma se mi è concesso, vorrei fare un appunto all’autore dell’articolo. La komatiite non è un minerale, ma una roccia vulcanica. E dire che “…esiste soltanto in tracce” non proprio corretto. E’ solo una roccia poco comune, dal momento che non viene più prodotta dal vulcanismo terrestre da ormai 3 miliardi di anni.
Mercurio è davvero un sito misterioso
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