Le misurazioni radar sono tra i metodi più precisi per ottenere dati sulla forma degli asteroidi.
Gli astronomi impiegano diverse tecniche (dirette o indirette) per studiare e determinare la forma degli asteroidi, ciascuna di queste presenta vantaggi e svantaggi che le fanno preferire in specifici campi di applicazione. Tra queste tecniche troviamo le misurazioni radar, l’utilizzo di immagini ottenute da sonde spaziali e l’inversione delle curve di luce. Il 3D Asteroid Catalogue (https://3d-asteroids.space/) riporta i modelli tridimensionali di circa tremila asteroidi, ottenuti con l’utilizzo di queste diverse tecniche.
Le misurazioni radar sono tra i metodi più precisi per ottenere dati sulla forma degli asteroidi. Utilizzando grandi radiotelescopi, gli astronomi emettono onde radio verso un asteroide e poi ne raccolgono l’eco. Questo permette di ottenere modelli della superficie dell’asteroide con grande precisione, rivelando dettagli sulla sua forma, dimensione, periodo di rotazione, e caratteristiche superficiali. Il radar purtroppo è particolarmente utile solo per studiare asteroidi vicini alla Terra (NEA) fornendo dati utili per valutare potenziali minacce di impatto.
Le immagini ottenute da sonde spaziali offrono i dettagli più diretti e minuti della forma degli asteroidi. Missioni spaziali dedicate hanno visitato alcuni asteroidi, orbitando attorno a loro o sorvolandoli da vicino, raccogliendo immagini ad alta risoluzione che ne rivelano la geologia, la topografia e la composizione della superficie con modalità altrimenti impensabili con le tecniche osservative da Terra. Queste missioni, sebbene costose e tecnicamente impegnative, forniscono le informazioni più accurate e dettagliate sulla forma e sulle caratteristiche fisiche degli asteroidi.
L’inversione delle curve di luce rappresenta un’altra tecnica fondamentale, utilizzata per ricavare la forma tridimensionale, l’orientamento dell’asse di rotazione ed altre proprietà fisiche degli asteroidi, partendo dai dati fotometrici. La curva di luce rappresenta un grafico che mostra le variazioni di luminosità di un asteroide in relazione al tempo, tali variazioni sono principalmente causate dalla rotazione che riflette diverse quantità di luce solare in ragione della diversa area della superficie illuminata.
La curva di luce di un asteroide varia di aspetto anche in ragione delle diverse geometrie con cui viene osservato da Terra. Ad esempio osservando un asteroide in vista equatoriale, le sue variazioni di luminosità sono massime, mentre se lo osserviamo in vista polare, le sue variazioni di luminosità sono minime. Analizzando queste variazioni periodiche, è possibile dedurre le caratteristiche fisiche dell’oggetto, come l’orientamento dell’asse di rotazione e la sua forma. La tecnica dell’inversione delle curve di luce utilizza modelli matematici per simulare un’ampia varietà di forme e orientamenti possibili che potrebbero produrre le variazioni di luminosità osservate. Confrontando i modelli simulati con i dati reali, è possibile determinare quale configurazione corrisponde meglio alle osservazioni.
Il successo di questa tecnica dipende dalla qualità e dalla quantità dei dati fotometrici raccolti, con risultati più accurati ottenuti attraverso l’osservazione dell’asteroide da diverse angolazioni e in diversi momenti. L’inversione delle curve di luce fornisce un modo potente per studiare gli asteroidi, permettendo agli astronomi di esplorare le proprietà fisiche di questi corpi celesti senza la necessità di missioni spaziali dirette. Per contro i modelli ottenuti con questa tecnica non forniscono informazioni sulle eventuali concavità dell’asteroide.
E’ appena stato pubblicato sul Minor Planet Bulletin (51-2) uno studio, di respiro internazionale, che riguarda la modellazione dell’asteroide di fascia principale (357) Ninina, attraverso il processo di inversione delle curve di luce. Lo studio, guidato da Lorenzo Franco, utilizza i dati fotometrici acquisiti nel corso di cinque opposizioni (dal 2007 al 2023), due delle quali vedono il contributo della sezione asteroidi UAI, insieme ad i dati fotometrici provenienti dalla survey USNO Flagstaff.
Questa ricerca ha permesso di determinare il periodo siderale (rispetto alle stelle fisse) di rotazione dell’asteroide (35.9840 ± 0.0005 ore), due possibili soluzioni per l’orientamento del polo di rotazione rispetto al piano dell’eclittica (λ = 49°, β = 0°) e (λ = 230°, β = 36°) ed infine il modello tridimensionale.
https://mpbulletin.org/issues/MPB_51-2.pdf
Hanno partecipato allo studio Lorenzo Franco Balzaretto Observatory (A81); Frederick Pilcher Organ Mesa Observatory (G50); Julian Oey Blue Mountains Observatory (Q68); Alessandro Marchini, Riccardo Papini Astronomical Observatory, University of Siena (K54); Giulio Scarfi Iota Scorpii Observatory (K78); Marco Iozzi H.O.B Astronomical Observatory (L63); Nello Ruocco Osservatorio Astronomico Nastro Verde (C82); Paolo Bacci, Martina Maestripieri GAMP – San Marcello Pistoiese (104); Nico Montigiani, Massimiliano Mannucci Osservatorio Astronomico Margherita Hack (A57). Analisi dei dati e redazione del documento a cura di L. Franco (A81).
Questo studio dimostra quanto sia importante acquisire curve di luce nel corso di molteplici opposizioni, lavoro al quale l’Unione Astrofili Italiani sta fornendo un valido contributo con le sue campagne fotometriche trimestrali, e come l’approccio collaborativo, insieme all’impiego di tecnologie avanzate, continua a svolgere un ruolo cruciale nel progresso della conoscenza e dello studio dell’universo.