È una scoperta importante, quella firmata da Alan Fitzsimmons della Queen’s University di Belfast e colleghi. Una scoperta a suo modo storica. È infatti la prima volta che viene rilevato e analizzato il gas presente su un oggetto interstellare di questo tipo: “la cometa aliena” recentemente ribattezzata 2I/Borisov, immortalata per la prima volta dal Gemini North Telescope poche settimana fa. Si tratta di un gas costituito da atomi di carbonio e azoto legati assieme a formare un composto dalla formula molecolare (CN)2. Una molecola tossica, se inalata, ma abbastanza comune nelle comete: il cianogeno.
Come abbiano fatto i ricercatori a individuarlo è presto detto: puntando il William Herschel Telescope verso la cometa tra le 6:00 e le 7:00 della mattina del 20 settembre scorso e ottenendone lo spettrogramma con lo spettrografo Isis montato sul telescopio. Un’osservazione riuscita al secondo tentativo, dopo che il primo – il 13 settembre – non era andato a buon fine a causa dell’eccessiva luminosità del cielo. Buona la seconda, si potrebbe dire.
L’analisi dello spettrogramma ha portato gli astronomi a trarre la conclusione che si legge già nel titolo del preprint dell’articolo (ancora in attesa di essere accettato da una rivista scientifica, ma già consultabile online): le impronte digitali spettrali sono, appunto, quelle del cianogeno.
«In poche parole» spiega a Media Inaf Marco Micheli, astronomo al Neo Coordination Centre dell’Esa, associato Inaf e coautore dello studio, «nello spettro della cometa si possono vedere le linee di emissione di alcuni composti gassosi emessi dall’oggetto. In questo caso, avendo ottenuto uno spettro che copriva lunghezze d’onda dell’intervallo visibile, alcune specie potevano creare linee di emissione nel range spettrale analizzato, e la presenza di tali linee è la prova diretta della sua esistenza nella chioma cometaria. Tra i composti che hanno linee spettrali nel visibile, tipicamente il CN è il più facile da rilevare ed è presente in molte comete del nostro Sistema solare. Pertanto ci si aspettava che potesse essere individuabile anche su un oggetto abbastanza debole come la cometa Borisov. Trovarlo su un oggetto interstellare è la conferma che anche comete generate in sistemi solari diversi dal nostro hanno una chimica e una composizione simili alle nostre, e pertanto plausibilmente sono state originate da meccanismi simili».
E se vi state chiedendo se questa specie chimica sia l’unica emessa dalla cometa extrasolare, la risposta è no. «Ovviamente ci sono molti altri composti volatili su una cometa», aggiunge infatti Micheli. «Alcuni, presenti in grandi quantità, non hanno però righe di emissione alle lunghezze d’onda coperte da questo spettro, e pertanto non potevano essere visibili. Altri sono più rari, e pertanto la loro emissione è più debole rispetto al CN. Potranno forse essere individuati in futuro, osservando con telescopi più grandi e/o quando la cometa sarà più brillante e attiva, nei prossimi mesi».
Quanto alla precisione delle misure effettuate, l’astronomo non ha dubbi: «La linea di emissione del CN è estremamente ben visibile nello spettro ottenuto, e dalla sua intensità è possibile derivare l’abbondanza di CN con una ottima precisione, pertanto direi che la misura può considerarsi estremamente affidabile».
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv.org il preprint dell’articolo “Detection of CN gas in Interstellar Object 2I/Borisov” di Alan Fitzsimmons, Olivier Hainaut, Karen Meech, Emmanuel Jehin, Youssef Moulane, Cyrielle Opitom, Bin Yang, Jacqueline V. Keane, Jan T. Kleyna, Marco Micheli e Colin Snodgrass
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