Il globo solare in rotazione ricostruito dalle immagini raccolte dalle sonde STEREO-Ahead, STEREO-Behind ed SDO il 4 gennaio 2011 nella riga di emissione dell’elio a 304 Å

Fino a oggi erano note come “onde planetarie”, essendo state scoperte dapprima sulla Terra e in seguito anche nell’atmosfera di altri pianeti, da GioveSaturno. Be’, forse è giunto il momento di chiamarle solo con il loro vero nome – onde di Rossby – perché ora è stato definitivamente dimostrato che increspano anche la superficie di corpi non planetari: per l’esattezza, il plasma bollente della nostra stella, il Sole. Lo dimostra uno studio, guidato dal ricercatore del National Center for Atmospheric Research (Ncar) Scott McIntosh, pubblicato sull’ultimo numero di Nature Astronomy. Ed è una scoperta con potenziali ricadute anche per noi: così come le onde di Rossby terrestri esercitano una certa influenza sul meteo, anche le onde di Rossby osservate sul Sole potrebbero essere collegate all’attività solare, comprese la formazione di macchie solari e le eruzioni solari.

«Le cosiddette “onde di Rossby” sono un fenomeno ben noto dell’atmosfera e degli oceani terrestri, così come delle atmosfere planetarie», osserva Alessandro Bemporad, fisico solare all’Inaf di Torino al quale ci siamo rivolti per un commento sui risultati di McIntosh e colleghi. «Si tratta di onde legate alla rotazione del pianeta e alla forza di Coriolis applicata ai fluidi in rotazione. La possibilità che onde di questo tipo possano esistere anche all’interno e sulla superficie del Sole – anch’esso un fluido in rotazione – e che possano svolgere un ruolo nel funzionamento della dinamo solare è stata proposta molto tempo fa (per esempio, in Gilman 1969aGilman 1969b). Diversi autori hanno poi pubblicato prove non del tutto conclusive dell’esistenza di queste onde sul Sole (per esempio, Kuhn et al. 2000Zaqarashvili et al. 2015)».

«Tuttavia, quello che mancava», continua Bemporad, «era la possibilità di studiare queste onde avendo a disposizione osservazioni di tutta la superficie del Sole per diversi anni, possibilità che è stata solo di recente fornita dalle osservazioni delle sonde Stereo della Nasa, che hanno osservato la “faccia a noi nascosta” del Sole (vedi anche su Media Inaf). L’importante lavoro uscito ora su Nature Astronomy quindi dimostra, per la prima volta in modo conclusivo, l’esistenza delle onde di Rossby sul Sole».

Ma in che modo, e fino a che punto, la presenza delle onde di Rossby sul Sole può aiutarci a prevedere le intemperanze della nostra stella? «Così come proposto in passato (per esempio, Lou 2000Bilenko 2014), si ritiene anche che queste onde possano avere un ruolo nella regolazione dell’attività solare e quindi nella frequenza dei brillamenti e delle eruzioni solari», spiega Bemporad. «Questa scoperta fornisce dunque un nuovo ingrediente per la comprensione della dinamo e dell’attività solare, e per la possibile predizione del comportamento del Sole su tempi scala “lunghi” (confrontabili con la durata del ciclo solare di 11 anni), mentre più difficilmente potrà contribuire alle previsioni di meteorologia spaziale su tempi scala “brevi” (da giorni a ore)».

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