L’annuncio che era nell’aria da qualche giorno è stato confermato questo pomeriggio. L’esperimento BICEP2, un telescopio da 26 cm di apertura che osserva dal Polo Sud, ha osservato tracce inconfondibili delle onde gravitazionali primordiali generatesi pochi istanti dopo il Big Bang. E, come spesso accade alle grandi scoperte, i dettagli della notizia più che chiudere una ricerca che va avanti da anni, rischiano di aprire nuovi e imprevisti scenari.
Ma andiamo con ordine. BICEP2 è stato concepito per osservare la radiazione cosmica di fondo (comunemente abbreviata in CMB, cosmic microwave background). Il CMB è la luce più lontana che possiamo osservare: ci arriva dalle profondità del cosmo e dunque del tempo (più si guarda lontano più si guarda indietro nel tempo), in un certo senso è la luce del Big Bang. Sappiamo ormai da oltre vent’anni che questa radiazione non è esattamente uniforme, ma possiede delle piccole (molto piccole, circa una parte su centomila) increspature. La ragione è presto detta: l’universo che abitiamo non è perfettamente omogeneo, ma la materia vi forma delle strutture su grandi scale: galassie, ammassi e superammassi di galassie. Queste strutture hanno impiegato miliardi di anni per formarsi per collasso gravitazionale (se creo una sovradensità esse tende a crescere per gravità), ma non potrebbero essere lì se qualcuno non avesse creato delle piccole increspature nell’universo primordiale. Infatti, un fluido perfettamente omogeneo non può formare strutture, evolve conservando l’omogeneità. Perché si formi struttura occorre ipotizzare l’esistenza di alcuni semi primordiali attorno a cui la materia si accumula. Questi semi, o perturbazioni primordiali, hanno influenzato la struttura del CMB: per questo essa appare ”increspata” (per usare un termine tecnico, anisotropa). Ma mentre la distribuzione della materia è stata irrimediabilmente modificata da miliardi di anni di amplificazione gravitazionale, il CMB, che proviene dall’universo giovane, ci trasmette un’immagine di queste perturbazioni come erano nell’universo primordiale.
La domanda ovvia a questo punto è: come mai esistevano queste perturbazioni? Chi ce le ha messe? La risposta accreditata dalla maggior parte degli studiosi chiama in causa una fase dell’universo primordiale chiamata inflazione cosmica (cosmic inflation). Pochi istanti dopo il big bang (qualcosa come 10^-37 secondi dopo il Big Bang) l’universo ha cominciato a espandersi in maniera esponenziale, tanto da aumentare il proprio volume qualcosa come 80 ordini di grandezza in pochi istanti: a tempi dell’ordine di 10^-34 secondi dopo il Big Bang l’inflazione finisce. Questa crescita vertiginosa ha proiettato su scala macroscopica delle fluttuazioni che esistono naturalmente nel mondo microscopico del vuoto quantistico. Tutta la struttura su grande scala che conosciamo, inclusa la “struttura” del CMB deriva, in ultima analisi, da queste fluttuazioni quantistiche “rivelate” dall’inflation.
Le teorie predicono anche altre cose interessanti: le fluttuazioni di cui abbiamo parlato sono di tipo “scalare”. In parole semplici, sono perturbazioni alla densità di massa-energia locale. Esistono anche altre fluttuazioni che vengono dette di tipo “tensoriale”, che sono assimilabili a campi gravitazionali che viaggiano nello spazio. Esse sono dunque delle onde gravitazionali. L’inflation, oltre a produrre delle increspature nel fluido cosmico, ha anche lanciato un bang gravitazionale che si propaga nello spazio. Osservare direttamente queste onde gravitazionali è questione, si ritiene, del prossimo secolo. Esse sono troppo deboli per la tecnologia attuale. La loro esistenza può però essere confermata tramite le osservazioni del CMB, ed è esattamente ciò che ha fatto BICEP2. Vediamo perché.
Il CMB , una “luce” che osserviamo oggi nella regione spettrale delle microonde, dunque invisibile ai nostro occhi, possiede una debole polarizzazione lineare. Essa si polarizza per una ragione simile a quella che rende polarizzata la luce che si riflette su una superficie con basso angolo di incidenza (esperienza di ottica elementare osservabile con un semplice filtro polaroid). Questa polarizzazione del CMB può venir misurata. Dal punto di vista osservativo, ci sono due “modi” fondamentali in cui essa può presentarsi, denominate componente E e componente B, per analogia (solo formale) col comportamento dei campi elettromagnetici. Il punto cruciale è che le perturbazioni scalari possono generare solo una polarizzazione di tipo E (la ragione, un po’ tecnica, sta nel fatto che questi modi sono invariati sotto trasformazione di parità, esattamente come le fluttuazioni scalari che li generano, e la fisica del CMB, puramente elettromagnetica, deve conservare la parità). Le fluttuazioni tensoriali, invece, possono produrre sia polarizzazione di tipo E che polarizzazione di tipo B, non essendo obbligate a conservare una parità definita. Dunque, se osserviamo un modo B nella polarizzazione del CMB, siamo in presenza di una fluttuazione tensoriale. Abbiamo visto l’impronta che le onde gravitazionali primordiali hanno lasciato nella CMB. L’osservazione della polarizzazione B è stata annunciata oggi per la prima volta dall’esperimento BICEP2.
La notizia è di enorme importanza per varie ragioni. In primo luogo, costituisce una prova indiretta dell’esistenza delle onde gravitazionali che non sono ancora state osservate direttamente (e, come si diceva su, è lecito attendersi che queste onde gravitazionali primordiali non saranno osservate direttamente ancora per svariati decenni). Ma c’è di più. Averle viste significa aver la prova che l’inflation è davvero avvenuta. Esistono anche altri meccanismi che spiegano l’esistenza delle fluttuazioni cosmiche, ma nessuno a parte l’inflation prevede questa copresenza di fluttuazioni scalari e onde gravitazionali. Di più: misurando l’ampiezza dei modi B, si misura direttamente l’ampiezza delle fluttuazioni tensoriali primordiali, e quindi il rapporto tra fluttuazioni tensoriali e scalari. BICEP2 ci dice che questo rapporto è circa 0.20 (con incertezza di +0.07 e -0.05), cioè i tensori contano per circa il 20% di quanto contano le fluttuazioni scalari. Questo rapporto, sorprendentemente alto rispetto alle attese, è direttamente legato alla scala di energia a cui si è accesa l’inflation, scala che non è predetta dalla teoria. Oggi sappiamo quindi che questa scala è circa 10^16 GeV, qualcosa come 12 ordini di grandezza oltre la scala di energie raggiungibile da LHC, il più potente acceleratore di particelle terrestre, e solo due ordini di grandezza al di sotto della scala di Planck, che è il limite naturale oltre cui la gravità dovrebbe mostrare la sua natura quantistica.
E’ difficile sottostimare l’importanza di questa scoperta: in un colpo solo conferma l’inflation, mostrandocene letteralmente la “smoking gun”, e ci dice a quale energia si è accesa. Ci fornisce anche evidenza, indiretta, dell’esistenza delle onde gravitazionali che Einstein ha predetto nel lontano 1916. Prima di prenotare un (meritato) biglietto per Stoccolma, il team di BICEP2 dovrà aspettare che qualcun altro confermi questo risultato. Il satellite ESA Planck, dedicato proprio alla CMB, potrebbe farlo nei prossimi mesi. In effetti, Planck aveva pubblicato lo scorso marzo un limite superiore sul valore di r, asserendo che esso è minore di 0.11 con significanza statistica di due deviazioni standard. Questo risultato non deriva dai modi B, che Planck non ha (ancora) osservato, ma dall’anisotropia in intensità del CMB, ed è filtrato attraverso alcune assunzioni modellistiche (si assume cioè un modello di riferimento). Oggi questo risultato appare in tensione con quanto riportato da BICEP2. Occorre capire come mai. Una delle possibilità è che ci sia qualcosa da mettere a punto nel modello di riferimento: si aprono scenari molto interessanti. Al tempo stesso, la misura di BICEP2, unita ad altre che Planck ha già compiuto, ci aiuteranno a fare un passo avanti nella comprensione del meccanismo inflazionario, falsificando alcuni modelli di inflazione che prevedevano un apporto di tensori molto più basso di quello osservato da BICEP2. Questi modelli, con basso r, manco a dirlo andavano per la maggiore e, come spesso accade nella storia della Scienza, dovranno essere buttati o profondamente rivisti. La Natura non smette mai di stupirci.
by Scientificast.it
Per approfondire:
- Onde gravitazionali: la ricerca si sposta nello spazio di Fernando Ferri – Coelum n.124 (2009) alla pagina 44
- VIRGO e le onde gravitazionali. L’ultima previsione di Einstein di Andrea Addobbati – Coelum n. 66 (2003) alla pagina 50