Oscure stelle
L’Universo non avrà mai fine,
perché proprio quando sembra
che l’oscurità abbia distrutto ogni cosa,
e appare davvero trascendente,
i nuovi semi della luce rinascono dall’abisso.
-Philip K. Dick-
Quando l’Universo cominciò a formare le stelle, il tempo cantava una canzone antica. E mentre la melodia si diffondeva per lo spazio-tempo, enormi sfere di materia prendevano forma. Oggi, di questa antica canzone rimangono soltanto tracce flebili e frammentarie, ma dalle poche note che ci sono pervenute è stato comunque possibile ascoltare una storia molto antica.
Se è vero che la prima generazione di stelle nell’Universo deve ancora essere osservata, esistono tuttavia almeno due teorie principali per questi oggetti: esse sono stelle di popolazione III che bruciano idrogeno oppure sono stelle oscure, fatte di idrogeno ed elio, ma alimentate dal riscaldamento della materia oscura invece che dalla fusione nucleare.
Oggi sappiamo che la materia oscura costituisce circa il 25% dell’intero Universo. Le prove della sua esistenza provengono dalle misure della radiazione cosmica primordiale, in particolare dalle anomalie nella dipendenza radiale delle curve di rotazione delle galassia e dalle lenti gravitazionali.
Sebbene essa sia una parte imprescindibile dell’Universo, la origine fisica rimane ancora, per buona parte, sconosciuta.
Secondo una delle teorie più accreditate, si pensa che essa sia fatta di particelle invisibili che non riflettono né assorbono la luce, ma siano tuttavia in grado di esercitare una attrazione gravitazionale sulla materia che le circonda. Tra i principali candidati ci sono le WIMP, particelle massicce debolmente interagenti.
Quando esse si scontrano, si annichilano, trasferendo calore alle nubi collassate di idrogeno e convertendole in stelle oscure. Se questa teoria venisse confermata, l’identificazione di stelle oscure supermassicce permetterebbe di conoscere la materia oscura in base alle loro proprietà osservate.
Attualmente il telescopio spaziale James Webb ha osservato degli oggetti che potrebbero proprio essere dei candidati promettenti ad essere stelle oscure.
Confermarne l’esistenza potrebbe aiutare a risolvere un quesito emerso dalle osservazioni del famoso telescopio: sembrano infatti esserci troppe grandi galassie nell’Universo primordiale per adattarsi alle previsioni del Modello Standard della cosmologia.
Se infatti alcuni degli oggetti che assomigliano alle prime galassie sono in realtà stelle oscure, le simulazioni della formazione delle galassie primordiali concorderebbero meglio con le osservazioni.
Gli oggetti JADES-GS-z13-0, JADES-GS-z12-0 e JADES-GS-z11-0, originariamente identificati come galassie nel dicembre 2022 dal JWST Advanced Deep Extragalactic Survey (JADES), hanno cominciato a brillare fra 320 e 400 milioni di anni dopo il Big Bang, rendendoli alcuni dei primi oggetti mai visti.
Sebbene ancora non sia stato certificato se essi siano galassie contenenti milioni di stelle ordinarie di Popolazione III o stelle oscure, sappiamo che queste ultime hanno abbastanza luce per competere con un’intera galassia di stelle, potendo teoricamente crescere fino a diversi milioni di masse solari ed essere fino a 10 miliardi di volte più luminose del Sole.
Per approfondire:
Cosmin Ilie et al. 2023. Supermassive Dark Star candidates seen by JWST. PNAS 120 (30): e2305762120 ; DOI: 10.1073/pnas.2305762120