Studio sul brillamento X8.2 del 10 settembre 2017 per valutare l’impatto del campo magnetico sull’accelerazione delle particelle

I brillamenti solari sono potenti esplosioni di radiazione elettromagnetica e particelle cariche che hanno luogo nell’atmosfera solare. In base al modello standard CSHKP, i brillamenti accompagnati da eiezioni di massa coronale sarebbero caratterizzati dall’emissione di raggi X di tipo hard da parte di elettroni nel plasma solare accelerati fino a velocità relativistiche. Un recente studio discute il meccanismo di accelerazione degli elettroni proposto dal modello CSHKP applicando le formule della magnetoidrodinamica ai dati relativi al brillamento X8.2, avvenuto il 10 settembre 2017. Il risultato è una teoria che sottolinea il ruolo del campo magnetico solare durante il processo di urto terminale piuttosto che le proprietà dinamiche del plasma magnetizzato.

I brillamenti solari (i.e., solar flares) sono eruzioni con durata variabile da minuti ad ore che si verificano localmente e periodicamente nell’atmosfera solare. La loro comparsa è infatti di norma associata al punto di massima attività magnetica di zone della superficie del Sole chiamate macchie solari (i.e., solar spots), il quale si ripete ogni 11 anni, ovvero dopo un intervallo di tempo detto ciclo solare. I brillamenti solari sono spesso accompagnati da altri fenomeni altamente energetici come le eiezioni di massa coronale (i.e., coronal mass ejections), enormi esplosioni di gas ionizzato e plasma provenienti dalla corona, che rappresenta la parte più esterna ed estesa dell’atmosfera solare. Secondo il modello CSHKP, acronimo di Carmichael, Sturrock, Hirayama, Kopp e Pneumann, i brillamenti solari con eiezione di massa coronale sono causati da una rapida riorganizzazione delle linee di campo magnetico all’interno delle regioni attive; ciò implica il ricongiungimento dei flussi magnetici e il conseguente rilascio di una grande quantità di energia sotto forma di radiazione elettromagnetica e di particelle cariche, soprattutto elettroni. La regione in cui avviene tale processo di ricombinazione prende il nome di regione di diffusione, e il plasma magnetizzato che si allontana da essa fuoriesce nella cosiddetta regione di deflusso. Se il plasma ha un alto numero di Alfvén-Mach, (i.e., la sua velocità è elevata rispetto all’intensità del campo magnetico), si genera un’onda d’urto in grado di accelerare gli elettroni al suo interno. Tale meccanismo di accelerazione è noto come accelerazione per deriva degli urti (i.e., shock drift acceleration, SDA), in quanto associato alla regione di urto terminale (i.e., termination shock, TS) in cui l’onda d’urto si propaga.

Variazione della densità numerica di elettroni osservata in funzione dell’energia. La curva tratteggiata rappresenta un plasma con energia di 1.55 keV, mentre quella solida un plasma con energia di circa 20 keV, all’uscita dalla regione di urto terminale. Il nuovo modello proposto dai ricercatori riesce a riprodurre la curva solida, predicendo un’energia minima di 20 keV per gli elettroni accelerati. Crediti: arXiv.

Ma la condizione di plasma super-alfvénico imposta dal modello CSHKP è davvero indispensabile per accelerare gli elettroni fino a velocità relativistiche e a renderli così in grado di riscaldare il mezzo attraversato mediante l’emissione di raggi X di tipo hard? La risposta giunge da un gruppo di astronomi austro-tedesco, sulla base dei dati relativi al brillamento X8.2, datato 10 settembre 2017, il più energetico finora osservato. Assumendo come riferimento le misure estremamente precise di campo magnetico, temperatura e densità numerica di elettroni, relativistici e non, fornite dall’Expanded Owens Valley Solar Array (EOVSA) per tale evento, costoro hanno determinato i parametri del TS utilizzando le relazioni di Rankine-Hugoniot. Si tratta di equazioni che descrivono il comportamento di un plasma in presenza di una discontinuità, ossia di un repentino cambiamento delle grandezze fisiche che lo caratterizzano a causa, per esempio, di un’onda d’urto. Esse vengono pertanto definite anche “condizioni di salto” dallo stato precedente a quello successivo allo shock. Nello specifico, dalle relazioni di Rankine-Hugoniot emerge che il plasma in X8.2 entri nella regione di deflusso con una velocità di circa 8342 km/s, trascurabile rispetto al valore del campo magnetico solare: ciò si traduce in un basso numero di Alfvén-Mach, ad indicare quindi la predominanza del campo magnetico rispetto alla velocità del plasma magnetizzato. Ora, il fatto che il plasma giunga con una simile velocità nella regione di urto terminale e provochi un notevole salto nella temperatura nel momento d’interazione con lo shock contraddice la predizione del modello CSHKP. Infatti, tale brusco aumento di temperatura sarebbe sufficiente a fornire agli elettroni del plasma confluito nella regione di deflusso l’energia cinetica necessaria per portarli in regime relativistico all’arrivo nella regione di urto terminale. Stando alle stime degli scienziati, un’energia pari a circa 641 keV sarebbe allora attribuita a ciascun elettrone. Questo risultato ben si accorda con le misure di EOVSA, il quale riporta un numero di circa 1.6 x 10^4 elettroni con energie maggiori di 300 keV nella regione di deflusso per l’evento X8.2. Ciò dimostra dunque che basta un campo magnetico particolarmente forte nella regione di urto terminale per ottenere degli elettroni relativistici, nonostante il plasma magnetizzato non nasca con un alto numero di Alfvén-Mach. Tali elettroni, che costituiscono approssimativamente il 58% del totale uscente dalla regione di urto terminale dopo aver acquisito un’energia minima pari a 20 KeV nel caso del brillamento X8.2, giustificherebbero la potente emissione di raggi X di tipo hard rilevata a seguito dell’esplosione.

In conclusione, la generazione di elettroni relativistici in un plasma magnetizzato sembra poter avvenire anche attraverso il riscaldamento di questo durante il TS, senza bisogno di ricorrere al meccanismo di SDA ipotizzato dal modello CSHKP. Questa nuova teoria trova conferma nei dati sperimentali riguardanti il brillamento solare X8.2 del 10 settembre 2017, che suggeriscono l’esistenza di elettroni altamente energetici come fonte di raggi X di tipo hard, ed evidenzia l’importanza del campo magnetico nell’accelerazione di particelle cariche.

Fonte: arXiv.