Vi ricordate di Scheila, l’asteroide da 110 Km di diametro, che lo scorso dicembre produsse dapprima un outburst di luminosità e poi una “coda” simile ad una cometa?
Pochi mesi dopo una nuvola di detriti venne identificata attorno all’asteroide, confermando l’ipotesi dell’impatto subito con un altro oggetto minore, subito proposta per giustificare il fenomeno. Gli astronomi sono ora riusciti a sviluppare una simulazione dell’impatto, ricostruendo nei dettagli l’evoluzione dell’evento e l’aumento della luminosità seguito poi da una diminuzione protrattasi per settimane.
L’impatto sarebbe avvenuto tra il 24 ed il 30 novembre 2010, alcuni giorni dopo quanto inizialmente creduto, mentre il diametro dell’impattore si sarebbe aggirato tra i 36 ed i 180 metri. La collisione, avvenuta alla velocità di 5 Km/sec, tipica degli asteroidi della Fascia Principale, avrebbe sollevato una grande nube di detriti espulsi nello spazio alla velocità di 70 m/sec, estesasi successivamente attorno all’asteroide come la chioma di una cometa. Il moto orbitale l’avrebbe poi modellata, creando l’effetto coda e l’apparenza in tutto simile ad una cometa.
Non mi permetto di offendervi ma onestamente ci sarebbe di farlo .
Capisco fare stare tantissime cose dentro una pagina, ma porca di quella merda, scrivere con un carattere un pochino piu’ grosso non e’ che andate a spalare della merda.
Onestamente anche le persone che hanno 10/10 di vista, iniziano ad avere problemi a causa di gente che come voi scrive piccolo, ma forse di piccolo avete il cervello ! Perche’ non pensate a chi deve leggere.
FANKULO !
Gentilissimo Signor… Cribbio,
La ringraziamo per le Sue cortesi, gentili e puntuali osservazioni in merito al nostro articolo.
Il Suo contributo per noi è sempre prezioso e ci auguriamo di avere sempre tanti lettori esemplari come Lei nel nostro sito.
Ci avvarremo dei Suoi forbiti suggerimenti per migliorare il nostro lavoro. Le assicuriamo che quanto verificatosi non si ripeterà mai più.
Voglia gradire le nostre più sincere scuse e i nostri sentiti ringraziamenti.
Sir J. F. MacIntosh