PHILAE È IN OMBRA. NON S’È ANCORATO. FUNZIONA
Un grammo. Per immaginare l’inimmaginabile – ovvero le condizioni in cui si trova il lander Philae dell’ESA, protagonista ieri di una discesa che definire epocale è poco, dalla sonda Rosetta alla cometa 67P – prendiamo un palloncino gonfiabile, soffiamoci dentro fino a farlo diventare grande come una lavatrice e appoggiamolo su un tavolo in una stanza chiusa. Fatto? Bene, con quel palloncino da un grammo sotto gli occhi, in equilibrio precario sul tavolo, possiamo ripercorrere – ma immobili, non deve cadere – con un briciolo di consapevolezza quanto è emerso oggi pomeriggio dal briefing dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea.
Le sorprese
Partiamo dalle sorprese. La prima è che la superficie della cometa, almeno della regione di cometa osservata dal lander, è assai più rocciosa del previsto. La polvere non manca, anzi: il fatto che ricopra in modo ben visibile alcuni dei massi attorno a Philae è un chiaro indizio che lassù qualcosa si muove, dunque di attività cometaria. Ma la roccia domina. E questo tratto morfologico inatteso – fino a ieri mattina si prevedeva un atterraggio soft – potrebbe aver contribuito alla seconda sorpresa: è stato confermato che il lander è rimbalzato più volte sulla superficie di 67P. Come già aveva efficacemente riassunto il lander manager Stephan Ulamec, ieri non siamo semplicemente atterrati, per la prima volta nella storia, su una cometa: ieri vi siamo atterrati due volte.
E che rimbalzi. Quella che gli scienziati sono riusciti a ricostruire dai dati del magnetometro è una sequenza sconcertante. A seguito del primo “rimbalzo”, ha riferito Ulamec, il lander è rimasto sospeso nel vuoto per un’ora e cinquanta minuti, percorrendo un tratto di un chilometro. E anche il secondo, seppur assai più modesto, è stato un balzo da record: sette minuti, spostandosi a circa tre centimetri al secondo. Riuscite a figurarvi una serie di touch and go come questa? Il palloncino è ancora lì sul tavolo? Un sorso di camomilla, e andiamo ad affrontare la parte peggiore di questo bollettino cometario al cardiopalmo.
Le cattive notizie
Il rimbalzo chilometrico non ha danneggiato Philae, il lander non s’è ribaltato, ma è volato lontano dal luogo d’atterraggio programmato – l’oramai mitico “sito J” alias Agilkia. Scherzandoci su – e occorre quanto meno dare atto alla squadra di persone, davvero straordinaria, che sta conducendo quest’avventura di saper mostrare uno spiccato senso dell’umorismo anche innanzi alle situazioni più ansiogene – scherzandoci su, dicevamo, i responsabili della missione, ricordando che i siti di atterraggio candidati erano due o tre, hanno detto che probabilmente Philae li ha toccati tutti…
Comunque sia, certo è che il lander s’è infine accometato assai lontano dalla destinazione prevista. Esattamente dove, ancora non è ben chiaro. Ma le prime ricostruzioni lo danno sul ciglio d’un cratere. Le indescrivibili immagini giunte in giornata – vedi l’autoscatto su in alto, con in primo piano uno dei tre “piedi” del lander – lo mostrano relativamente saldo. In realtà, pare che almeno una gamba sia letteralmente all’aria, se solo ci fosse aria lassù (o laggiù, come twitta il premier Matteo Renzi).
Può cadere? Può ribaltarsi? Può volare via? Ebbene sì, perché purtroppo – e qui arriviamo alla seconda, dolentissima, nota – gli arpioni che dovevano, appunto, arpionarlo alla cometa non sono entrati in funzione. C’è ancora quel palloncino sul tavolo…? Insomma, basterebbe un alito di vento. Ma come scrivevamo poc’anzi, di vento – almeno questo – su 67P proprio non se ne parla. Dunque tutto bene? Eh no, per due motivi. Primo, come si intuisce dalla polvere depositata sulle rocce, la cometa presenta attività, tipo emissioni gassose dal suolo. Insomma, non è tutto così quieto, da quelle parti. Secondo e ben più grave motivo di tormento è che, senza arpioni, qualunque tentativo di muoversi può sfociare in tragedia.
Ma perché mai Philae dovrebbe volersi muovere? È un lander, mica un rover. Giusto, ma uno fra i suoi obiettivi scientifici principali è l’analisi del suolo cometario. E per riuscirci Philae dispone di un magnifico trapano (made in Italy) col quale trivellare il terreno. Solo che, senza essere ancorato, se azionasse il trapano, invece di far ruotare la punta, potrebbe trovarsi a ruotare sé stesso. Proprio come una trottola.
D’accordo, allora niente trapano, almeno per il momento. C’è altro? Sfortunatamente sì: i pannelli solari. Funzionano perfettamente, riferisce Ulamec, ma il punto in cui è finito il lander è all’ombra di un pendio. Risultato: i pannelli sono illuminati per una porzione di tempo assai più breve del previsto. Più o meno l’equivalente di un’ora al giorno: insufficiente a ricaricare le batterie. Batterie che, a conti fatti, possono resistere ancora una sessantina di ore. Poi ciao.
Le buone notizie
E ora vediamo di riprendere fiato. Le ragioni per rallegrarsi non mancano. Anzi, come vedremo, superano di gran lunga quelle per disperarsi. Anzitutto Philea funziona a meraviglia. Se ne sta ragionevolmente dritto. Sembra abbastanza stabile. È in perfetta salute. E, quel che più conta, il link radio con Rosetta sta facendo il suo dovere, trasmettendoci i dati provenienti dagli strumenti scientifici, che funzionano come orologi. Se pensiamo a quel che questo adorabile scatolotto ha dovuto passare nelle ultime ore, è un vero miracolo.
Ma c’è di più: la speranza che le cose migliorino. C’è infatti ancora margine per intervenire. Nelle prossime ore i tecnici ESA tenteranno di attivare il landing gear – il carrello di atterraggio – per ruotare lentissimamente il lander, e in particolare per riorientare i pannelli solari in una direzione più felice. Se l’operazione riesce, dopo potrebbe essere tutto in discesa. E non è affatto escluso che si tenti persino la trivellazione.
Infine, se pure l’energia dovesse finire, Ulamec ha garantito che Philae non morirebbe: entrerebbe piuttosto in uno stato d’ibernazione. E considerando che la cometa sulla quale si trova sta correndo a 66 mila km all’ora verso il Sole, non è del tutto escluso che, dopo un periodo di letargo, cambiando l’angolo d’illuminazione e riducendosi la distanza dalla nostra stella, il lander possa resuscitare.
Avvinti? Mai quanto Andrea Accomazzo, dell’ESA, eroico direttore delle operazioni di volo di qusta missione pazzesca. Stanchissimo, provato da una tensione che pare non finire mai e con la voce rotta dall’emozione, ha trovato la forza per un breve discorso di ringraziamento che ha commosso l’intera sala stampa.
Appuntamento a domani per il prossimo bollettino.
Per saperne di più:
- Rivivi i momenti salienti della conferenza stampa con i tweet di Media INAF
- Rivedi i momenti del distacco e dell’atterraggio nelle registrazioni della diretta ESA con commento in italiano di Luigi Morielli sul nuovo canale youtube di Coelum
Le notizie non sono rassicuranti sul buon esito del prosieguo dell’impresa. Comunque di positivo c’è l’ottimismo dei tecnici. Attendo quindi fiducioso gli sviluppi, e seguirò con trepidazione i nuovi eventi.
Perchè non istallare un generatore a radioisotopi per sostenere la batteria interna?