Sulla rarità dei satelliti
grandi come la Luna
La presenza della Luna è di fondamentale importanza per la Terra, poiché essa contribuisce alla stabilizzazione dell’asse terrestre, favorendo quindi una condizione climatica più equilibrata, e controlla la durata del giorno e delle fasi di marea, con delle ripercussioni inevitabili sui cicli biologici. Ciononostante, uno degli aspetti peculiari della Luna è il suo essere un satellite piuttosto grande in confronto alle dimensioni della Terra. Una luna planetaria si definisce grande rispetto al pianeta ospite quando la sua massa è di poco inferiore o uguale al 10% della massa di questo. Sistemi pianeta-luna con simili caratteristiche sono molto rari, basti pensare che se ne trova soltanto uno nelle vicinanze della Terra, ovvero il sistema Plutone-Caronte, e che non ne è stato ancora confermato alcuno al di fuori del Sistema Solare.
Per comprendere la scarsità di tali candidate esolune (i.e., lune associate a pianeti extrasolari, ossia non appartenenti al Sistema Solare), i ricercatori hanno studiato l’origine della Luna e le condizioni per la generazione di grandi satelliti. Tra i vari modelli proposti, si propende per quello che vede la formazione della Luna come esito dell’impatto fra la Terra e Theia, un protopianeta delle dimensioni di Marte, e come successivamente segnata da collisioni con corpi minori.
Secondo questa cosiddetta teoria del grande impatto, gli impatti sarebbero, in generale, responsabili dell’esistenza di una certa quantità di vapore (i.e., gas misto a gocce liquide) nel disco di polveri e gas che circonda il neonato satellite, elemento imprescindibile per la determinazione della grandezza finale di questo. Gli scienziati hanno dunque adottato il metodo SPH(Smoothed Particle Hydrodynamics) per realizzare simulazioni di impatti con cui seguire l’evoluzione delle lune da essi derivate nel corso del tempo. Due i tipi di pianeti ospiti presi in esame: uno roccioso, e l’altro ghiacciato.
Le simulazioni hanno innanzitutto mostrato che una protoluna circondata da un disco contenente una cospicua quantità di vapore post impatto non è in grado di crescere fino a raggiungere una dimensione grande rispetto a quella del pianeta associato a causa della forza di resistenza esercitata dal vapore mentre essa si forma. Tale forza agisce, infatti, nella stessa direzione di moto dell’oggetto target, ma in verso opposto, creando pertanto una resistenza che lo ostacola e induce a perdere energia. Nel caso di moto rotatorio, come quello delle piccole lune attorno al loro pianeta, il vapore provoca una progressiva perdita di momento angolare che le fa scivolare rapidamente verso quest’ultimo, e impedisce loro di superare il limite dei 100 m o km di diametro. L’effetto della forza di resistenza è allora tanto più rilevante quanto maggiore è la quantità di vapore iniziale nel disco protolunare: di conseguenza, solo i dischi inizialmente poveri di vapore permettono la formazione di grandi lune. Se, invero, essi perdono vapore dopo un certo periodo di tempo, anche la materia che li costituisce si riduce, al punto da risultare insufficiente a dare vita a satelliti simili alla Luna.
In secondo luogo, le simulazioni sembrano predire che pianeti rocciosi con un raggio inferiore a 1.6 raggi terrestri (1 raggio terrestre = 6378 km) e pianeti ghiacciati con raggio inferiore a 1.3 raggi terrestri abbiano i requisiti giusti per ospitare delle lune di grandi dimensioni, in quanto non adatti a sviluppare dischi protolunari ricchi di vapore.
Il vincolo posto alla misura del raggio dei pianeti extrasolari è perciò stringente, fatto che spiega la difficoltà nell’osservazione di grandi lune al di là del Sistema Solare, a conferma della straordinaria unicità del pianeta Terra e della sua Luna.
Fonte: arxiv.org