Curve di rotazione delle galassie ad alto redshift: una possibile crepa nel modello cosmologico standard?

La curva di rotazione delle galassie rappresenta la velocità di rotazione delle stelle in funzione della distanza dal centro galattico (i.e., raggio). Studi sulle regioni HI (i.e., idrogeno neutro in forma atomica) presenti nel disco della Via Lattea hanno mostrato che tale moto di rotazione è di tipo differenziale, ovvero che la velocità delle stelle varia proprio in relazione al raggio: più una stella si trova vicino al centro della galassia ospite e più la sua velocità è elevata. Questa proprietà è collegata alla concentrazione di materia nelle galassie, poiché le stelle acquistano  maggiore energia cinetica negli ambienti più densi, come appunto le zone centrali. In particolare, nel caso della Via Lattea e delle galassie limitrofe, la curva di rotazione è composta da due diversi tratti, quello rigido e quello piatto. Il tratto rigido, in cui la velocità stellare cresce in maniera direttamente proporzionale al raggio, si riferisce alla parte più interna delle galassie, mentre il tratto piatto, in cui la velocità stellare rimane costante, alla parte più esterna. Tuttavia, l’andamento della curva di rotazione a grandi raggi risulta anomalo in quanto non conforme alle predizioni teoriche, che indicano un tratto cosiddetto kepleriano, ossia decrescente, anziché un tratto piatto. Il fatto che la velocità delle stelle non diminuisca all’aumentare del raggio significa che la distribuzione di massa nelle galassie non coincide con quella osservata: in altre parole, sembra esserci molta più materia di quella visibile tenendo conto della quantità totale di stelle, gas e polveri diffuse. Tale materia, esistente ma non emittente luce, è stata denominata “oscura” e ad oggi sembra costituire circa l’83% della materia nell’Universo.

Curve di rotazione con tratto piatto delle galassie
nell’Universo locale. Crediti: arXiv.

Dunque, le curve di rotazione delle galassie nell’Universo locale sono contraddistinte, al pari di quella della Via Lattea, da un tratto finale piatto invece che kepleriano. Ciononostante, recenti indagini spettroscopi che hanno rivelato come le curve di rotazione di un campione di galassie ad alto redshift tendono a comportarsi in modo opposto, ovvero a declinare bruscamente a grandi raggi.

Se questa caratteristica fosse comune nell’Universo remoto, si dovrebbe rivalutare il ruolo della materia oscura nella formazione delle galassie. Utilizzando delle complesse simulazioni computazionali, due ricercatori dell’Università di Cardiff hanno cercato di ottenere le curve di rotazione declinanti delle galassie lontane ripercorrendo il processo di formazione galattica nel contesto del modello cosmologico standard, secondo cui al collasso gravitazionale degli aloni di materia oscura seguirebbe la caduta della materia barionica (i.e., ordinaria) nelle buche di potenziale associate. Essi hanno quindi adottato varie configurazioni iniziali di materia barionica e oscura e le hanno lasciate evolvere nel tempo, trovando infine che, indipendentemente dallo scenario di partenza, si arriva a galassie aventi struttura e dinamica simili. Ciò accade perché tutti i neonati sistemi stellari passano attraverso una fase di rilassamento violento che ne cancella i segni identificativi e le irregolarità fino a stabilire una condizione di equilibrio, con l’effetto che essi perdono memoria della loro configurazione iniziale. Pertanto, le curve di rotazione delle galassie simulate non differiscono significativamente l’una dall’altra e appaiono conformi alle aspettative del modello cosmologico standard, che postula l’esistenza del tratto piatto come manifestazione della predominanza di materia oscura nell’Universo. Un brusco declino della curva di rotazione potrebbe infatti derivare soltanto dalla rimozione dell’alone di materia oscura dalla galassia in formazione.

Curve di rotazione con tratto rapidamente
declinante nel campione di galassie ad
alto redshift esaminato confrontate con
quelle della Via Lattea (linea solida verde)
e di M31 (linea tratteggiata rossa). Crediti:
arXiv.

Dal momento che il risultato è allora una curva di rotazione con tratto piatto per la maggioranza delle galassie lontane simulate, non è possibile formulare l’ipotesi di universalità delle curve di rotazione rapidamente declinanti a grandi raggi per le galassie ad alto redshift. Allo stesso tempo, la congettura che alcune galassie si siano formate all’interno degli aloni di materia oscura e altre no sembra non essere ancora sufficientemente supportata dal punto di vista teorico. Di conseguenza, si attendono ulteriori evidenze osservative dell’Universo remoto per decretare se il numero di galassie del campione esaminato possa essere ampliato al fine di avviare una revisione del modello cosmologico standard.

 

Fonte: arXiv

1 commento

  1. Pur non piacendomi a pelle la materia oscura (purtroppo ad ora non ho alternative), non potrebbe essere che questa, interagendo assai debolmente con il resto dell’Universo, necessiti semplicemente di più tempo per potersi aggregare, e quindi sia presente in misura minore nelle galassie di nuova formazione?
    Vero che le galassie necessitano della materia oscura enche per potersi formare correttamente e sarebbe quindi un cane che insegue la sua coda, ma sarebbe un’idea tanto balzana?