È stato trovato un pianeta in orbita intorno alla stella di Barnard, a soli 6 anni luce di distanza. Questo risultato notevole, pubblicato dalla rivista Nature – è il risultato dei progetti Red Dots e CARMENES, protagonisti anhe della scoperta del nuovo mondo in orbita attorno alla stella più vicina a noi, Proxima Centauri.
Il pianeta, chiamato Barnard’s Star b, è ora il secondo esopianeta noto più vicino alla Terra. I dati raccolti indicano che il pianeta potrebbe essere una super-Terra, con una massa di almeno 3,2 volte quella della Terra, che orbita intorno alla stella ospite in circa 233 giorni. La stella di Barnard, la stella madre del pianeta, è una nana rossa, una stella fredda e poco massiccia, che illumina debolmente il mondo appena scoperto. La luce della stella di Barnard fornisce al pianeta solo il 2% dell’energia che la Terra riceve dal Sole.
Nonostante sia relativamente vicino alla stella madre — a una distanza solo 0,4 volte quella tra Terra e Sole — l’esopianeta si trova vicino alla linea della neve, la regione in cui i composti volatili come l’acqua si condensano sotto forma di ghiaccio solido. Questo mondo gelido e oscuro potrebbe avere una temperatura di -170 °C, rendendolo inospitale per la vita così come la conosciamo.
La stella di Barnard, che prende il nome dall’astronomo E. E. Barnard, è la stella isolata più vicina al Sole. La stella è antica — probabilmente ha il doppio dell’età del Sole — e relativamente inattiva, ma è nota per avere lo spostamento apparente nel cielo notturno (moto proprio) più veloce di qualsiasi altra stella. La velocità totale della stella di Barnard rispetto al Sole è di circa 500 000 km/h. Ciò nonostante, non è la stella più veloce che si conosca. Quel che rende degno di nota il moto della stella è come appare muoversi nel cielo notturno vista dalla Terra, velocità nota come moto proprio. La stella di Barnard percorre una distanza in cielo equivalente al diametro della Luna ogni 180 anni — anche se può sembrare piccola, rappresenta di gran lunga il più veloce movimento apparente di una stella.
Le super-Terre sono il tipo più comune di pianeta che si forma intorno a stelle di piccola massa come la stella di Barnard, rendendo più credibile la scoperta del nuovo candidato. Inoltre, la teoria corrente di formazione planetaria prevede che la linea della neve sia la posizione ideale per la formazione di tali pianeti.
La ricerca di pianeti intorno alla stella di Barnard era stata finora deludente: questa recente scoperta è stata possibile solo combinando le misure di diversi strumenti di alta precisione montati su telescopi in tutto il mondo. Le strutture utilizzate in questo lavoro sono infatti: HARPS al telescopio ESO da 3,6 metri; UVES al VLT dell’ESO; HARPS-N al Telescopio Nazionale Galileo; HIRES al telescopio Keck da 10 metri; PFS al telescopio Magellan della Carnegie da 6,5 metri; APF al telescopio da 2,4 m presso il Lick Observatory; e CARMENES all’Osservatorio di Calar Alto. Inoltre, alcune osservazioni sono state eseguite con il telescopio da 90 cm all’Osservatorio di Sierra Nevada, con il telescopio robotico da 40 cm presso l’osservatorio SPACEOBS, e con il telescopio Joan Oró dell’Osservatorio Astronomico Montsec (OAdM) da 80 cm.
«Dopo un’attenta analisi, siamo sicuri al 99% che il pianeta sia presente», ha dichiarato lo scienziato alla guida del gruppo di ricerca, Ignasi Ribas (Istituto di studi spaziali della Catalogna e Istituto di Scienze dello spazio, CSIC in Spagna). «Tuttavia, continueremo a osservare questa stella velocissima per escludere le possibili, ma improbabili, variazioni naturali della luminosità stellare che potrebbero mimare la presenza di un pianeta».
Tra gli strumenti utilizzati abbiamo visto i famosi spettrografi dell’ESO HARPS e UVES, cercatori di pianeti. «HARPS ha svolto un ruolo vitale in questo progetto. Abbiamo combinato dati di archivio ottenuti da altri gruppi di ricerca con nuove misure, parzialmente sovrapposte, della stella di Barnard ottenute da diversi strumenti,» ha commentato Guillem Anglada Escudé (Queen Mary University of London), scienziato co-dirigente del gruppo che ha ottenuto questo risultato. «La combinazione di strumenti è stata fondamentale poiché ci ha permesso di verificare i nostri risultati».
Gli astronomi sfruttano l’effetto Doppler per cercare il candidato esopianeta. Mentre il pianeta orbita intorno alla stella, la sua attrazione gravitazionale fa oscillare la stella stessa. Quando la stella si allontana dalla Terra, il suo spettro si sposta verso il rosso (redshift): cioè, si muove verso lunghezze d’onda più lunghe. Nello stesso modo, la luce della stella viene spostata verso lunghezze d’onda più corte, più blu, quando la stella si avvicina alla Terra.
Gli astronomi usano questo effetto per misurare le variazioni della velocità di una stella a causa del pianeta in orbita — con un’incredibile precisione. HARPS è in grado di rilevare i cambiamenti nella velocità della stella di appena 3,5 km/h — a passo d’uomo. Questo approccio alla caccia dei pianeti extrasolari è noto come metodo della velocità radiale e non è mai stato utilizzato per rilevare un simile pianeta extrasolare di tipo super-Terra in un’orbita così ampia intorno alla propria stella.
«Abbiamo utilizzato osservazioni da sette strumenti diversi per un totale di 20 anni di misure, rendendo questo uno dei set di dati più grandi e più estesi mai utilizzati per studi di precisione di velocità radiali.» spiega Ribas. «La combinazione di tutti i dati ha portato a un totale di 771 misure: un’enorme quantità di informazioni!».
«Abbiamo lavorato molto duramente per raggiungere questo risultato fantastico» ha concluso Anglada-Escudé. «Questa scoperta è il risultato di una grande collaborazione organizzata nel contesto del progetto Red Dots che ha unito contributi da gruppi di tutto il mondo. Osservazioni di follow-up sono già in corso in diversi osservatori in tutto il mondo».
La storia di questa scoperta sarà esaminata in modo più dettagliato nell’ESOBlog di questa settimana.
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Ulteriori Informazioni
Il lavoro è stato presentato nell’articolo A super-Earth planet candidate orbiting at the snow-line of Barnard’s star pubblicato nella rivista Nature il 15 novembre.
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